Riscoprendo le radici cristiane
Riscoprendo le radici cristiane
Mentre camminavamo in riva a un fosso
per le campagne di villa Manodori
svoltando in un sentiero stretto e mosso
ci pareva dal mondo d’ esser fuori.
Era vicino a me la mia consorte,
ché innanzi a Dio facemmo giuramento
di starci accanto finché sorella morte
nel separaci abbia compimento.
Intorno era silenzio e pensavamo:
“Quanto è buono Colui che ci ha creati”,
e nel suo disegno pure noi eravamo
come in un mosaico incastonati.
Rossi papaveri dal vento seminati,
come bottoni su un verde mantello
da una angelica mano attaccati,
sembravan dipinti da un pennello.
D’un merlo il fischio conosciuto
dall’alto di un pioppo discendeva
e lo stupore in noi era cresciuto
e nel petto forte il cuor batteva.
Dietro una siepe apparve a un tratto
tra rovi ed erba secca un casolare.
All’esterno di ragnatele un bianco drappo
e quell’apparizione fece noi sognare.
Al centro un portone scolorito e vecchio,
chiuso da un catenaccio arrugginito,
che poteva varcare solo il picchio
dietro cui il suo nido aveva allestito.
Delle finestre i battenti vecchi
facevano da riparo a quei pennuti,
che con il becco battendo colpi secchi
alcuni fori avevano ottenuti.
Al centro una scritta era affrescata
ricordava che la luce della Fede
molto tempo prima era arrivata
che l’elettricità fosse in quella sede.
A fianco del portone un muro intonacato
mostrava una edicola in un lembo di cielo,
era Maria che su quel luogo incantato
aveva mantenuto il suo celeste velo.
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